Diamo un segnale forte al governo
L'azione politica del Partito Democratico nei territori e nelle istituzioni è
oggi assai visibile e certo sarà massimamente presente a tutti se sarà veramente
grande la partecipazione alla manifestazione nazionale sabato 25 ottobre a Roma.
Lo slogan "Salvare l'Italia" rappresenta bene la convinzione che abbiamo che il
Paese sia in bilico e questa è la convinzione che abbiamo espresso con dati
concreti anche presentando il 30 settembre, come Gruppo del PD al Senato, una
mozione sui temi del lavoro e dello sviluppo. Abbiamo voluto mettere in campo
un contributo per la lettura del presente, che è difficile. Abbiamo fatto il
punto sulla drammaticità della situazione dei lavoratori, dei giovani, delle
donne e degli anziani. Sono insufficienti i salari e le pensioni, sono in
continua diminuzione i posti di lavoro. Sono invece in continua ascesa i prezzi
e tempestose ed oscure le vicende economiche americane di questi giorni, con
banche e borse alla deriva.
Ormai comincia ad apparire evidente come il Governo italiano si rinserri in
un'ottica politica , che, da mesi, ha come centro solo la difesa degli interessi
del suo leader. Ci troviamo di fronte ad un Governo che sembra incapace di
comprendere la crisi economica in atto. Quando si muove, segue il riflesso
automatico del taglio indiscriminato alla scuola, considerata un spesa inutile e
non, come è, un investimento sul futuro. E' un vero tic quello del Governo nei
confronti della scuola. Un tic, che rivela un Governo senza idee salvo quella
del ritorno al passato, con i grembiulini ed il maestro unico, con le esibizioni
muscolari, certo anche umanamente poco educative, messe in campo contro gli
immigrati, anzi contro questo o quel gruppo di immigrati.
Cerchiamo di esaminare la situazione com'è:
la crisi finanziaria mondiale, la bassa crescita del prodotto interno lordo e le
perduranti difficoltà economiche stanno non solo pregiudicando le possibilità di
ripresa e di creazione di nuova occupazione nel nostro Paese, ma ormai anche
aggravando la precarietà e instabilità di un numero elevatissimo di posti di
lavoro esistenti, mettendo a rischio interi comparti produttivi e vaste aree del
territorio, in particolare nel Mezzogiorno.
Ad evidenziarlo sono, tra gli altri, i dati INPS relativi al ricorso alla cassa
integrazione, che segnalano un aumento del 5,74% nel primo semestre del 2008.
Nonostante la grave situazione di crisi occupazionale già in atto nel Paese, il
documento di programmazione economico-finanziaria triennale presentato al
Parlamento dal Governo nel luglio scorso non conteneva alcuna indicazione di
politiche per lo sviluppo, né prevedeva misure strutturali idonee a contrastare
la crisi occupazionale e sostenere il potere d'acquisto di pensioni e salari.
La manovra finanziaria triennale, approvata contestualmente, ha semmai aggravato
il quadro economico generale con misure - di carattere manifestamente recessivo
- orientate a una riduzione degli investimenti pubblici senza precedenti, per
ampiezza ed estensione pluriennale, rispetto alle manovre finanziarie recenti, e
ad un taglio generalizzato di comparti di spesa cruciali per la salvaguardia dei
livelli delle prestazioni pubbliche in favore dei cittadini.
La mancanza di incisive politiche occupazionali e di sostegno a salari e pensioni
è tanto più grave in quanto si segnala un'allarmante impennata dell'inflazione al
consumo, per di più caratterizzata da forti differenziazioni territoriali. A
fronte di un'inflazione reale che ha raggiunto il 4,1 per cento su scala nazionale
ad agosto 2008, al Sud e nelle isole si è toccata nello stesso periodo la punta
del 4,4 per cento.
Alcuni comparti industriali registrano a tutt'oggi situazioni di crisi
suscettibili di determinare a breve termine licenziamenti collettivi di notevoli
proporzioni. Tra gli altri, in particolare, si segnalano: il settore del
trasporto aereo, il settore automobilistico, il settore ferroviario, il settore
delle comunicazioni, la riorganizzazione di Poste Italiane, il settore chimico,
interessato dalla crisi del Petrolchimico di Marghera e l'industria degli
elettrodomestici, colpita pesantemente dalle crisi delle società Electrolux e
Antonio Merloni.
Sulla crisi del Gruppo "Antonio Merloni Spa" che occupa circa 5000 lavoratori
addetti agli stabilimenti distribuiti nei territori di Umbria e Marche, oltre ad
altre centinaia di addetti nello stabilimento di Reggio Emilia, siamo già
intervenuti come senatori del PD con l'unico strumento che potevamo usare:
un'interpellanza con procedimento abbreviato per chiedere quali urgenti misure
il Governo intendesse adottare per contrastare il grave stato di crisi finanziaria
di questa azienda così importante per le Marche.
E' ovvio che tutti i fronti di crisi moltiplicano l'impatto in termini
occupazionali alle imprese dell'indotto, con un effetto moltiplicatore dei posti
di lavoro persi stimato addirittura in tre ad uno per i principali settori.
A risentire del peggioramento della congiuntura internazionale e della perdurante
stagnazione economica nazionale è anche il settore dei servizi, in particolare il
commercio e il turismo, colpiti rispettivamente dalla contrazione dei consumi
delle famiglie e dalla crisi globale del trasporto aereo conseguente all'aumento
del prezzo dei carburanti e, su scala nazionale, dalla crisi di Alitalia.
Analoghe preoccupazioni suscita la situazione del pubblico impiego, in relazione
alle politiche di riduzione della spesa di personale annunciate dal Governo. Oltre
al settore scolastico, per il quale si profilano circa 87mila esuberi di personale
docente e 42mila di ATA solo per effetto delle misure proposte dal Ministro Gelmini,
sono a tutt'oggi esposti all'espulsione circa 240mila lavoratori, per un totale
di almeno 370mila precari della pubblica amministrazione, che pure avevano in
larga parte maturato una legittima aspettativa di stabilizzazione a seguito delle
misure approvate dal Governo Prodi e poi revocate in via di fatto dall'attuale
Governo.
Chiediamo quindi al Governo un impegno concreto ad adottare misure urgenti per
contrastare la grave crisi occupazionale nel Paese, combattere la precarietà del
lavoro e incentivare l'inclusione dei soggetti oggi sottorappresentati, con
particolare riferimento:
alle donne (attraverso il rafforzamento degli strumenti di conciliazione fra
lavoro e vita personale, l'introduzione di un credito fiscale ad hoc per le
lavoratrici madri - subordinate, autonome o parasubordinate - l'estensione della
rete dei servizi all'infanzia),
agli ultra cinquantenni (attraverso incentivi al prolungamento dell'età
pensionabile e benefici fiscali alle imprese che li assumono),
e ai giovani (per mezzo del potenziamento degli obblighi/diritti di formazione,
a partire dalla formazione di base fino a quella professionale e continua, e
dell'arricchimento dei contenuti formativi dell'apprendistato).
Chiediamo al Governo di sostenere il potere d'acquisto di pensioni e salari e a
garantire la dignità e adeguatezza delle retribuzioni dei lavoratori giovani e
precari, attraverso rispettivamente la piena indicizzazione delle pensioni, il
riconoscimento della "quattordicesima" alle pensioni più basse, secondo la formula
sperimentata dal Governo Prodi, l'aumento delle detrazioni per i redditi da lavoro
dipendente, la detassazione e decontribuzione dei premi di produttività e la
fissazione, nell'ambito di intese con le parti sociali, di un livello minimo di
retribuzione per i lavoratori non coperti da contrattazione collettiva e di
potenziare il sistema degli ammortizzatori sociali, estendendolo a tutte le forme
di lavoro, anche atipiche, nell'ambito di un processo di unificazione delle tutele
e dei diritti riconosciuti a tutti i lavoratori, che preveda anche la progressiva
parificazione degli oneri sociali.
Chiediamo al Governo di operare per la massima possibile apertura del tessuto
produttivo nazionale agli investimenti stranieri, attivandosi per attirare in
Italia il meglio dell'imprenditoria mondiale, che può apportare nuova linfa alla
nostra economia, incrementare la domanda di lavoro e valorizzare meglio il lavoro
degli italiani anche nei settori nei quali le nostre imprese non raggiungono
livelli di eccellenza sul piano internazionale.
Voglio però concludere questa riflessione ricordando che interrogazioni,
interpellanze, mozioni, sono gli strumenti propri e spesso gli unici delle opposizioni.
Sono però convinta che se saremo in tanti a manifestare a Roma il 25 ottobre
sarà indubbiamente più incisivo il nostro lavoro in Parlamento e il Governo sarà
costretto ad ascoltare le richieste della gente e a dare risposte vere alle
esigenze del Paese.
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