Allevamenti intensivi e biologico: il CIWF replica al dottor Ghiselli

Gentilissimi della redazione di Repubblica.it, mi chiamo Annamaria Pisapia e sono la direttrice di CIWF (Compassion in World Farming) Italia Onlus, l'unica associazione in Italia che si occupa di tutela e benessere degli animali negli allevamenti.
Scrivo per manifestare il mio disappunto relativamente alla videointervista al nutrizionista Andrea Ghiselli, pubblicata da Repubblica TV.
Il dottor Ghiselli, nutrizionista del CREA NUT, attualmente sotto i riflettori per un conflitto di interessi di cui parlero' di seguito, ha infatti affermato che gli allevamenti intensivi sarebbero un'invenzione, che spesso le foto che si trovano su Internet sono taroccate e che gli animali negli allevamenti italiani stanno bene. Noi abbiamo realizzato due videoinchieste in Italia, nel 2013 sui suini e nel 2014 sui conigli. Posso garantire che le immagini che abbiamo girato non sono taroccate.
Propongo una riflessione: e' possibile pensare che galline allevate in gabbia per una vita intera, con a disposizione uno spazio poco piu' grande di un foglio A4 , che conigli tenuti in gabbie cosi' piccole da non poter neanche stare dritti sulle zampe, che maiali che subiscono amputazione della coda e castrazione senza anestesia, che vacche costrette per tutta la vita in stalla senza mai vedere un filo d'erba, siano felici?
L'altra incredibile falsita' affermata dal dottor Ghiselli riguarda il biologico: biologico significa, per esempio per le galline, che gli animali siano allevati all'aperto, con mangime piu' sano. Per le vacche significa almeno la possibilita', (purtroppo non la certezza, nel nostro Paese), che gli animali escano al pascolo. Non si puo' affermare che biologico ed intensivo siano la stessa cosa, ne' in termini di benessere animale, ne' in termini nutrizionali.
Solo per fare un esempio riguardante la carne suina (ma la cosa potrebbe essere estesa ad altre carni): rispetto ai prodotti industriali, la carne di maiali allevati all'aperto ha il 40% di omega 3 in piu' e in media il 60% di vitamina E in piu'. Riguardo l'uso di antibiotici, minimizzato dal dottor Ghiselli, cito solo due importanti dati: il 71% degli antibiotici venduti in Italia e' destinato agli animali (Fonte: ECDC, EFSA e EMA) e l'Italia e' il terzo maggiore utilizzatore di antibiotici negli animali da allevamento in Europa (dopo Spagna e Germania), piu' di altri Paesi di simili dimensioni, il doppio della Francia, il triplo del Regno Unito. (Fonte: EMA). Aggiungo anche che l'uso di antibiotici e' connesso con le pessime condizioni ed in particolare l'alta densita' di allevamento: tanto piu' gli animali sono stressati, tanto piu' sono immunodepressi, tanto piu' si ammaleranno. Un esempio per tutti: in un capannone di 40mila polli geneticamente selezionati per raggiungere il peso di macellazione in 39-42 giorni, che crescono tanto velocemente da sviluppare malattie cardiovascolari, respiratorie e danni alle zampe, basta che si ammali un solo pollo e si dovra' sommministrare antibiotici a tutti.
Vorrei finire con due osservazioni che spero siano utili ad avviare un dibattito su alcune questioni che sono estremamente importanti, per amore di verita', per tutelare i consumatori oltre che gli animali, e per far si' che l'agognata sostenibilita' non sia soltanto millantata.
La BBC non da' piu' spazio ai negazionisti del cambiamento climatico che non abbiano solide basi scientifiche: e' possibile che qualcosa del genere, prima o poi, succeda anche in Italia per gli allevamenti intensivi?
Sarebbe salutare avviare un dibattito, come ormai da piu' di un decennio accade in Germania, Olanda o Svezia, sul benessere degli animali negli allevamenti. Discutere e' bene. Ma e' proprio necessario continuare a dare spazio a persone che negano che il mare sia blu affermando che gli allevamenti intensivi non esistono e che negli allevamenti gli animali stanno bene?
La seconda osservazione si inserisce nel solco gia' tracciato dal direttore del Fatto Alimentare, Roberto La Pira, in un suo recente editoriale. Il dottor Ghiselli e' gia' noto per i suoi doppi incarichi e il suo potenziale conflitto di interessi. E' stata presentata addirittura un'interrogazione parlamentare su questo e Il Fatto Alimentare sta conducendo un'interessantissima indagine di cui consiglio la lettura.
Annamaria Pisapia
direttrice di CIWF

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