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Inizia una nuova
stagione di Formazione Politica
11 Novembre 2005
Con il 29
ottobre, a Roma, Milano e Napoli prende il via una nuova serie di
seminari di formazione politica, finalizzati a preparare le compagne
e compagni all’impegno della prossima campagna elettorale per le
politiche 2006. Appropriarsi delle conoscenze utili ad approfondire
progetti politici, strumenti di comunicazione, risorse è, infatti,
elemento essenziale per far sì che davvero “Cominci l’Italia”. Anche
con i corsi di formazione, con un uso sempre più appropriato e
funzionale di Internet, con la collana “Scritture”, con gli
aggiornamenti continui di “Demos”, si deve ulteriormente sostenere
il percorso di approfondimento, che certo può farci dare il meglio,
se usato in piena sintonia con le mille competenze del corpo vivo e
vitale del partito.
IN TEMA DI
FORMAZIONE POLITICA
Nell’ultimo
congresso nazionale alcuni interventi sono stati dedicati ai
pericoli dell’antipolitica, che è riuscita, come in altri gravi
momenti della storia istituzionale italiana, ad indebolire la forza
dinamica della democrazia. La storia non si ripete mai in forme
coincidenti, ma è difficile non pensare, per interpretare taluni
passaggi contemporanei, all’azione acida e corrosiva svolta
dall’antipolitica a danno dell’immagine e delle possibilità di
integrazione politica garantite dall’esperienza giolittiana, cui il
totalitarismo mise fine, con l’esercizio sistematico di una violenza
nutrita proprio dall’antipolitica.
Faccio
derivare il mio impegno nella formazione politica dalla mia fiducia
nei valori costituzionali e da una lunga battaglia in loro difesa,
nella convinzione che inscindibile sia il legame tra valori
costituzionali, democrazia, cultura, libertà e persino sviluppo
della creatività economica sia individuale sia della comunità.
Infatti i cittadini della Repubblica, che si specchiavano per la
prima volta, in un futuro di libertà e diritti resi transitabili
dalla Carta costituzionale, dalle forme istituzionali democratiche,
dal decentramento, dalle libertà del pluralismo dei partiti e dei
sindacati, hanno dato vita alla ricostruzione dopo le terribili
distruzioni belliche e poi ad una rivoluzione economica, che ha
condotto il Paese ai primi posti nell’economia mondiale, ad essere
protagonista del progetto di fondazione dell’Europa unita
nell’abbattere le frontiere e nel dare vita ad un futuro di pace,
superando i nazionalismi e ad un Welfare, intessuto di diritti umani
e sindacali, anche essi, se correttamente gestiti, impalco, al
contempo, della giustizia sociale e sostegno effettivo ad
un’economia eticamente configurata, cioè non basata solo sul
generico egoismo, caro alle forme classiche liberiste, ma ampiamente
temperato dalle riflessioni keynesiane.
In questa ottica è chiaro che, parlando di formazione politica,
faccio coincidere l’aggettivo politica con l’aggettivo sinonimo
civile. Sappiamo tutti che politica deriva dal termine greco polis,
civile deriva dal termine latino civitas. Sappiamo tutti anche che
si tratta di sinonimi, entrambi significano città, entrambi, quindi,
riferiti a formazione dovrebbero essere intesi da tutti come una
formazione alla cittadinanza, cioè una formazione alla appartenenza
attiva e dinamica alla comunità.
FORMAZIONE
POLITICA, FORMAZIONE CIVILE
Per prima
cosa chiediamoci se si può essere veramente efficacemente capaci di
difendere la titolarità dei diritti costituzionalmente sanciti,
senza un’armonica formazione civile, cioè politica. La risposta è
no. Infatti i cittadini non potranno esercitare coralmente la
cittadinanza, senza una cultura dei diritti e delle forme
istituzionali di tutela. Si tratta di forme complesse, che attengono
la storia, la filosofia del diritto, dello stato e dell’economia, in
un itinerario sofferto, che solo da poco tempo, poco più di duecento
anni, è riuscito a smantellare le forme degli stati assoluti, cioè
sciolti dalle leggi, fornendo ai cittadini gli strumenti per essere
soggetti di diritti e non solo titolari di doveri, cioè
semplicemente sudditi.
Ancora nello Statuto albertino, che pure il fascismo ha stravolto
come carta eccessivamente democratica, il termine cittadini non
aveva accoglienza, ed i cittadini italiani erano definiti
“regnicoli”.
Dunque
anche nei duecento anni di emersione dal buio dell’assolutismo non
sono mancate le contraddizioni e le involuzioni, i passi in avanti e
quelli indietro. Però diciamoci chiaramente che oggi i passi
indietro, nelle democrazie, come la nostra basate sulla sovranità
costituzionale dei cittadini, sono possibili solo, nel silenzio dei
cittadini sovrani, un silenzio che può essere alimentato
dall’ignoranza dei diritti, dalla neutralizzazione (attuata
attraverso i massmedia) della capacità culturale di individuare e
contrastare, con il tramite delle istituzioni costituzionali, la
violenza, che si maschera dietro l’antipolitica.
L’ANTIPOLITICA
Se uso l’espressione formazione civile, invece che formazione
politica (eppure si tratta di espressione, che abbiamo definito
sinonima), la rappresentazione etica dell’azione da svolgere appare
più limpida ed eticamente indispensabile. Chiediamoci perché. La
risposta è semplice. Infatti sul termine politica gravano gli
strumentali residui di continuo logoramento, che sono il retaggio
della cultura qualunquista. Sappiamo tutti che quella qualunquista è
una sottocultura, storicamente delimitata, ma, di tempo in tempo,
variamente utilizzata e diffusa, anche da soggetti al di sopra di
ogni sospetto, ai fini del mascheramento dei residui totalitari,
indifendibili apertamente dopo i disastri della seconda guerra
mondiale. Questa sottocultura dell’antipolitica agisce caricando di
significati negativi quella che invece è la strumentazione,
altamente etica, dell’organizzazione democratico-costituzionale, che
basa sul ruolo plurimo dei partiti e dei sindacati, come momento di
aggregazione e riflessione autonoma e collettiva dei cittadini
organizzati, allo scopo della elaborazione dei programmi e della
designazione dei candidati, su cui potrà esprimersi la libera e
consapevole scelta popolare, nella fase del voto.
Come agisce
la propaganda antipolitica, nella fase di tentativo di
smantellamento dell’apparato democratico? La chiave di volta
dell’intero procedimento sta nella distinzione tra politica e
cultura, tra scienza e politica, tra politica ed arte persino tra
didattica e politica. Anche nel dopoguerra, nella pienezza del
massimo vigore del sistema costituzionale repubblicano, non è venuta
a mancare la prassi strisciante del classico “non si fa politica a
scuola”, cui è conseguita la mancata applicazione concreta dei
programmi di “educazione civica”,pure sanciti dalle volonterose, ma
timide,normative di settore. La conseguenza è stata la mancata
conoscenza di massa dei valori e dei diritti costituzionali, nonché
dell’importanza di istituzioni fondamentali della democrazia, come
il parlamento bicamerale, la Corte Costituzionale (che
innovativamente nella nostra Costituzione, garantisce dalle
deviazioni assolutistiche del potere legislativo degli stati di
diritto), la tripartizione dei poteri (ora travolta,
nell’indifferenza diffusa, dal costituzionalismo creativo, che fa
coppia con l’economia creativa e con la finanza creativa).
Pure chi
avesse una predilezione per la lettura commentata della poesia
marinista dovrà riconoscere di non ritenerla fondamentale per la
formazione civile dei giovani tanto quanto la lettura commentata
della Costituzione repubblicana. Vogliamo la prova del nove sugli
ingredienti dell’antipolitica? La prova sta nella storia. Sappiamo
come si è mosso il fascismo nel travolgere sistema liberale e
Statuto albertino? Cavalcando abilmente lo scandalismo finanziario e
cavalcando egregiamente l’antipolitica, ha ridotto l’immagine
sacrale del momento elettorale alla dimensione ironica del ludo
cartaceo. Ha eliminato partiti e sindacati, imponendo partito unico
e sistema sindacale corporativo. Con ciò ha dimostrato però
geometricamente che il cuore della democrazia e dell’organizzazione
della convivenza civile sta proprio nei partiti e nei sindacati.
Travolti questi, negate le loro funzioni lo stato democratico stesso
è stato travolto, indifeso com’era dalla carta costituzionale
albertina, manipolabile a piacimento da maggioranze fittizie,
produttrici di istituzioni fittizie e trucemente fantasiose. Penso
quindi che l’argine vero e forte all’antipolitica e a quanto
inevitabilmente ne consegue si collochi nel garantire il livello di
formazione politica, cioè civile dei cittadini sovrani, la cui
rigorosa azione, svolta nella società e all’interno di partiti e
sindacati appare l’unico strumento produttivo di forme autentiche di
difesa dei fondamentali valori costituzionali, da cui possono
scaturire programmi condivisi e scelte rappresentative condivise in
fase elettorale.
Mi sentirei di aggiungere che la formazione del salario, da tempo
superata l’ipotesi mercificante del libero mercato, nonostante le
forzature della globalizzazione, è assestata sul monopolio
bilaterale, che vede la formazione del prezzo in base alla presa di
organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori sulla pubblica
opinione.
Il salario.
Come noto, ma come molti ignorano e molti fingono di ignorare, non
viene fissato dalla domanda e dall’offerta, ma viene fissato in base
alle convinzioni indotte nella pubblica opinione dai massmedia, con
un giuoco facilissimo tutto in mano ai proprietari di televisioni e
giornali. Ciò spiega ampiamente la massiccia e strumentale
introduzione dell’ uso dell’antipolitica nei mezzi di informazione
di massa.
Riterrei quindi che una funzione determinante la formazione politica
potrebbe svolgere anche nell’aggiornamento dei cittadini indifesi
sulle dinamiche del rapporto economia-informazione, dove agiscono
taluni attori, certo potenti, ma non del tutto illuminati, in quanto
il progressivo restringersi del monte salari non può che alimentare
la spirale della riduzione dell’intero sistema produttivo,
condizionato dal decrescere, come è avvenuto e sta avvenendo, della
domanda di beni, ormai anche di prima necessità, da parte di
lavoratori precari e sottopagati.
Per
intenderci è da tempo fenomeno diffuso che qualche attore non
lungimirante del panorama economico sia colto nel tagliare
attivamente il ramo su cui pure è comodamente seduto. Tanto dalle
conseguenze giuridiche della caduta, come purtroppo sappiamo, sarà
riparato da qualcuna delle norme ad personam, di cui è stato prodigo
il governo di centrodestra.
Concluderei
dicendo che è tempo che i cittadini siano posti in condizioni di
organizzarsi politicamente per difendere i loro valori
costituzionali e i loro diritti. Sono convinta che se i giovani
potranno specchiarsi in un futuro di libertà e di diritti, in questa
Italia, che le statistiche ora disegnano segnata dalla sfiducia, si
riaccenderanno le luci della partecipazione e della creatività
individuale e collettiva anche nel settore dell’economia. Come dice
Fassino: ricomincerà l’Italia. |