LE DONNE PER LA QUALITA’ DELLA VITA NELLE CITTA’, NELLE PROVINCE, NELLE REGIONI: LE BUONE PRATICHE

 

Roma, 12 marzo 2007

 

Relazione di Silvana Amati

 

Il Presidente della Repubblica ha giustamente sottolineato come “la proclamazione del 2007 quale anno europeo delle pari opportunità, per tutti costituisca un’ulteriore occasione per rinnovare l’impegno ai fini della piena affermazione di una cultura della parità effettiva, coerente e condivisa”.

L’anno europeo delle pari opportunità nasce, infatti, dalla volontà di promuovere in tutti i Paesi una società più giusta, capace di dare spazio ai diritti, rendendo manifesto ai cittadini e alle cittadine che tutti hanno diritto alla parità di trattamento, incrementando la partecipazione alla vita sociale di tutte e tutti, favorendo  e valorizzando la diversità, realizzando nel complesso una società più solidale.

Prendo spunto dunque dalle parole di Giorgio Napolitano e dagli obiettivi dell’anno europeo  per aprire questo nostro incontro, che nasce dalla volontà di tenere insieme le nostre competenze plurali, dei territori, delle istituzioni, del governo, del partito, in modo da stringere più saldamente le maglie di quella rete che potrebbe cambiare il Paese, se avesse più forza.

Condivido con Piero Fassino l’idea che noi dobbiamo e vogliamo costruire una società fondata sul riconoscimento di pari diritti e pari opportunità per ogni persona.

Una società che scommetta sulle risorse femminili, colmando lo scarto enorme tra il patrimonio di sapere, di conoscenza, di elaborazione, di esperienze pratiche che le donne esprimono e il ruolo che ad esse viene riconosciuto nel lavoro, nelle professioni, nelle istituzioni culturali, nella politica.

Vogliamo un’Italia che liberi le donne dagli ostacoli che ne impediscono l’accesso al lavoro e all’affermazione professionale: con politiche di formazione e servizi che concilino lavoro e vita professionale; con incentivi che promuovano ogni forma di occupabilità e accrescano il livello di occupazione femminile; con tempi di lavoro rimodulati; con tutele e diritti che contrastino la precarietà; con incentivi all’imprenditoria femminile e alla valorizzazione delle capacità delle donne.

Un’Italia che innovi il suo sistema di protezione sociale con servizi per le persone e per la famiglia, che aiuti a crescere i bambini, a dare serenità agli anziani, a sostenere chi non deve essere lasciato solo nel disagio.

Un’Italia che sappia che la lotta alla violenza sulle donne e sui bambini è tema civile e politico che riguarda tutti.

Un’Italia laica che assuma le donne, la loro libertà di scelta, i loro diritti soggettivi come fondamento irrinunciabile di una società capace di rispettare le scelte di vita di ogni persona e di consentire a ciascuna e ciascuno di esercitare la propria libertà nella responsabilità.

Un’Italia che promuova l’accesso alle donne a incarichi e funzioni dirigenti di ogni ordine e grado. Un’Italia nella quale la politica e i partiti non si sottraggano più a dare attuazione all’articolo 51 della Costituzione per l’equilibrio delle rappresentanze nelle istituzioni.

Come democratiche di sinistra sentiamo di avere una responsabilità particolare nell’assumere questi obiettivi,  cercando di agire coerentemente anche per ridare fiducia alle donne che si aspettano risposte concrete alle tante domande di futuro in un Paese fino ad ora bloccato, che non cresce, non investe nella parte più innovativa e dinamica, cioè nelle donne e nei giovani, un Paese dove si presenta una nuova questione sociale. Un Paese con il debito pubblico più alto d’Europa, che pesa sulle spalle dei più deboli e delle giovani generazioni, con l’indice di povertà relativa al 19%, molto al disopra della media europea che è del 15%, con la maggiore disuguaglianza dei redditi, in cui la bassa crescita e la precarietà del lavoro hanno aggravato negli ultimi anni lo stato di disagio delle famiglie.

Un Paese dove, accanto alla irrisolta questione meridionale, si va affacciando una diversa, ma sempre delicata, questione settentrionale.

I temi sono a tutti noi noti, ma vanno comunque sottolineati per l’importanza e la vastità di compiti che delineano.

Siamo ora al Governo ed oggi qui  sentiremo  i programmi, le prospettive e il lavoro di tante nostre compagne impegnate, nel Governo e nelle commissioni parlamentari, a costruire una nuova stagione della democrazia.

In particolare una nuova democrazia sociale fondata sull’applicazione piena dei diritti costituzionali, in primo luogo il diritto al lavoro, e sul riconoscimento dei diritti di cittadinanza, sull’universalità del welfare e dei suoi servizi, sulla inclusione e la costruzione di forti relazioni, sulla valorizzazione di tanti soggetti che ogni giorno contribuiscono alla coesione sociale.

Nella costruzione del nuovo possiamo avvalerci di una grande risorsa, risultata, come sappiamo, essenziale nel recente passato, quando le destre governavano a livello nazionale. Mi riferisco alla capacità di governo dei Comuni, delle Province, delle Regioni.

Lo sviluppo del Paese riparte dalle città, grandi e piccole, dalle comunità montane, dalle province, dalle regioni, che insieme rappresentano una rete di relazioni, non un sistema separato di istituzioni locali.

Oggi si vive in una fase complessa,  in cui  le cittadine e i cittadini sentono il peso delle contraddizioni, che la globalizzazione porta in casa nostra, anche nei caratteri più minuti e quotidiani.

La sicurezza, la casa, la questione dell’inquinamento, il tema del trasporto pubblico locale, l’organizzazione del lavoro di cura, si tengono insieme, prevedendo una collaborazione positiva nella decisione tra governo centrale e governi dei territori.

Ecco quindi il valore del vostro lavoro nelle istituzioni locali.

Abbiamo qui rappresentata una grande risorsa del nostro Partito: Voi, le donne che amministrano, le donne dei Consigli, le donne che hanno saputo permeare la pubblica amministrazione  anche della cultura della differenza, attivando tante diverse esperienze che, se finalmente messe in rete e scambiate, rappresenterebbero un patrimonio di idee per tanti, diversi territori.

Pochi giorni fa ero a Reggio Emilia, ad un incontro promosso dal coordinamento donne della federazione e dal gruppo DS per l’Ulivo in provincia, a parlare di strategie ed opportunità  per gli Enti Locali sul tema del bilancio di genere.

Quella del bilancio di genere, secondo me, potrebbe diventare una proposta di impegno di lavoro per tutte, da verificare nella reale applicabilità ed efficacia,  nei successivi effetti di trasformazione della società.

Infatti il bilancio di uno Stato, come quello di un Comune, di una Provincia, di una Regione, riflette l’equilibrio dei poteri di una società nel suo complesso.

Si tratta di una dichiarazione politica, non semplicemente di un documento economico.

Chi definisce le cifre, le voci, le scelte di distribuzione, definisce, in sostanza, le priorità nella scelta di un modello di sviluppo e la relazione tra cittadini.

Il bilancio è solitamente pubblicizzato come strumento di politica economica neutrale per eccellenza.

L’obiettivo è l’interesse pubblico e i bisogni degli individui.

E’ questa un’apparente neutralità.

Le differenze sono strutturate in modo da lasciare le donne in posizione diseguale rispetto all’uomo, con minore potere economico sociale e politico.

Si ignorano così i ruoli sociali, le capacità e le diverse responsabilità tra donne e uomini in una comunità.

Disaggregare i bilanci aiuta quindi a demistificare l’apparente neutralità.

E’ utile l’analisi del bilancio di genere per stabilite il differente impatto delle politiche pubbliche  sugli uomini e sulle donne.

Evidenziando le differenze di rappresentanza e di potere e le tensioni relative alla distribuzione delle risorse si può capire che di norma non servono risorse aggiuntive per le politiche di genere, ma piuttosto una più equa distribuzione delle risorse.

Pensare e proporre bilanci di genere nelle nostre pubbliche amministrazioni non vuol solo dire  proporre di  considerare l’efficacia e l’efficienza degli esercizi, vuol dire definire uno strumento politico di innovazione istituzionale, vuol dire introdurre nelle istituzioni un riflesso di genere che diventi consapevolmente persistente nei processi della politica amministrativa.

La valenza della costruzione di bilanci pubblici secondo la prospettiva di genere è stata riconosciuta nel 2003 dal Parlamento Europeo con l’approvazione di una risoluzione di Fiorella Ghilardotti.

Anche in omaggio a questa  compagna scomparsa prematuramente, a testimonianza che noi donne siamo in grado di darci valore tra noi e dare riconoscimento al  lavoro delle più lungimiranti, un lavoro elaborato per tutte, vi propongo di fare una grande campagna in primo luogo di formazione politica delle amministratrici  e delle elette su questo tema. In modo di dare a tutte gli strumenti per attivarsi nei territori.

Le amministrazioni provinciali hanno già praticato esperienze virtuose e da lì partirei, con la convinzione che poi sia successivamente utile anche verificare i risultati ottenuti con un lavoro organico di rete.

E’ ovvio che non solo per attivare questo processo, ma per farlo estendere servono donne, più donne nelle posizioni di potere.

Ecco la necessità di un allargamento della rappresentanza, nel rispetto dell’articolo 51 della Costituzione .

Ecco più donne nelle liste e più elette, quale obiettivo anche delle prossime elezioni amministrative, che comunque  vedono con ottime possibilità di vittoria Marta Vincerzi, candidata sindaco a Genova, finalmente una donna in una grande città, e Patrizia Casagrande, candidata  presidente della provincia di Ancona.

Credo che da questo incontro potremo impegnare partito e coalizione ad elevare il numero di donne da candidare in ogni amministrazione, dove si  va al voto. Così come richiederemo una rappresentanza tendenzialmente paritaria nelle future giunte.

Una buona notizia in tal senso viene dal Consiglio Regionale della Sardegna dove  è stata approvata una norma nella nuova legge statutaria, che prevede che, nei futuri governi, almeno 4 assessori su 10 debbano essere donne.

I programmi elettorali dovranno avere al centro  i nostri temi.

Servono Città e Province più attente alla questione ambientale, in un anno senza inverno che interroga tutti sul futuro del pianeta, più inclusive con  i nuovi cittadini, sapendo che per evitare i disagi delle banlieux bisogna lavorare sulla integrazione delle culture, ma anche su risposte ai bisogni reali, più pronte a costruire un nuovo modello di welfare, che guardi agli anziani come una essenziale risorsa, perché nessuno si senta solo, sia lasciato solo.

Vogliamo la costruzione di città più a misura di bambini e di adolescenti, perché i loro diritti, dentro e fuori la famiglia, vanno intesi quali doveri che interagiscono con la sfera pubblica, luogo in cui si sviluppa il senso di una comunità.

Ricordo con piacere che solo pochissimi giorni fa Poul Rasmussen, Piero Fassino ed Anna Serafini, insieme a Vittoria Franco, Mariangela Bastico, Andrea Ranieri, Alba Sasso ed altri, facevano partire da Roma la campagna 2007 del Partito del Socialismo Europeo sui nidi e i servizi per l’infanzia a testimonianza visibile del comune impegno per una nuova Europa sociale.

Pensando alla nostra organizzazione, credo poi che un forum permanente delle rappresentanti di Città, Province, Regioni, potrà essere strumento utile per mettere in rete il nostro lavoro e dare più forza alle nostre proposte.

Così un incontro come l’odierno con le amministratrici delle forze dell’Ulivo potrà servire a definire convergenze programmatiche assai utili ed a costruire una sede comune stabile di confronto verso il Partito Democratico.

Con le donne dell’Ulivo vogliamo lavorare per la costruzione di una Italia e di una Comunità Europea che abbiano al centro, anche con la definizione di politiche economiche di genere, la strategia della parità dei diritti e delle opportunità.

Partendo da me, oggi, qui, penso a molti anni fa, a “Quando la Stato è donna” a quando occuparsi della cosiddetta questione femminile  per i più significava esclusivamente iniziare ad impegnare anche le istituzioni dei territori sui temi delle pari opportunità per le donne.

Dobbiamo rivendicare come una vittoria storica del lavoro di questi anni essere riuscite ad allargare la visuale, costruendo politiche a tutela dei diritti, per tutte e per tutti in Italia e nella Unione Europea.

Sul filo di questo impegno credo che sarà giusto fare un ulteriore passo avanti per rendere più concreti i risultati di una migliore qualità della vita e per più vaste opportunità per tutte e tutti anche avanzando sul piano del Governo del Paese una proposta di legge finanziaria di genere.

Compagne, ciascuna di noi ha un sogno, una aspirazione dell’anima.

Il mio, e non solo mio, è quello di essere parte attiva di un processo che, partendo dall’orgoglio della nostra storia, imprima il segno della Sinistra e dei suoi valori nella contemporaneità e faccia vivere la nostra ispirazione socialista nel mondo nuovo di questo secolo.

Questo consentirà anche di rispondere alle istanze che già erano comprese nelle aspirazioni espresse in “Quando lo stato è donna” realizzando uno Stato dove la Costituzione sia finalmente applicata, dal diritto al lavoro, alla difesa dei diritti e delle opportunità per tutte e tutti.